lunedì 25 marzo 2013

Card. Bergoglio: la corruzione è come l'alito cattivo, chi ce l'ha non se ne accorge (Izzo)


PAPA: CORRUZIONE E' COME ALITO CATTIVO, CHI LO HA NON SE NE ACCORGE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 25 mar. 

"Il corrotto non si accorge del suo stato di corruzione. Succede come con l'alito cattivo: difficilmente chi ha l'alito pesante se ne rende conto". 
Sono parole del cardinale Jorge Mario Bergoglio, riproposte dell'Editrice Missionaria Italiana nel libro "Guarire dalla corruzione" che sara' presentato domani e del quale oggi l'Osservatore Romano anticipa alcune pagine
"Sono gli altri - ragionava il futuro Papa Francesco - che se ne accorgono, e devono farglielo notare. Ne consegue che altrettanto difficilmente il corrotto puo' uscire da questo stato per un rimorso interiore. Si ritrova con la virtu' di quell'ambito anestetizzata".
"Ogni corruzione sociale - affermava l'8 dicembre 2005 il cardinale Bergoglio nel discorso pubblicato da Emi nel volumetto che sara' presentato domani alla Civilta' Cattolica -  non e' altro che la conseguenza di un cuore corrotto". 
Per il futuro Papa, del resto non ci sarebbe corruzione sociale senza cuori corrotti: "cio' che esce dall'uomo, questo si' contamina l'uomo. Dal di dentro, infatti, cioe' dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive". Un cuore corrotto: qui sta il punto, continuava Bergoglio nella sua analisi sulla 'decomposizione' dell'umano provocata dalla reiterazione del male. "Perche' un cuore si corrompe? Il cuore - rispondeva il cardinale di Buenos Aires - non e' un'ultima istanza dell'uomo, chiusa in se stessa; non finisce li' la relazione (e quindi nemmeno la relazione morale). Il cuore umano e' cuore nella misura in cui e' in grado di riferirsi a un'altra cosa: nella misura in cui e' capace di aderire, nella misura in cui è capace di amare o di negare l'amore (odiare)".
"Potremmo dire - osservava ancora il futuro Papa Francesco - che se il peccato si perdona, la corruzione non puo' essere perdonata. Semplicemente per il fatto che alla radice di qualunque atteggiamento corrotto c'e' una stanchezza della trascendenza: di fronte al Dio che non si stanca di perdonare, il corrotto si erge come autosufficiente nell'espressione della sua salvezza: si stanca di chiedere perdono".
Cosi', concludeva l'arcivescovo gesuita, "generalmente il Signore lo salva attraverso prove che gli arrivano da situazioni che non puo' evitare (malattie, perdita di ricchezze, di persone care e cosi' via) e sono queste che spaccano l'ossatura corrotta e permettono l'accesso della grazia. Solo allora potra' essere curato".  

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